BREXIT: INCERTEZZE E SPERANZE

Dal 31 gennaio 2021 il Regno Unito è ufficialmente fuori dall'Unione Europea. È passato poco meno di un anno da quando a Bruxelles è stata ammainata la bandiera del Regno Unito e si è svolta la prima seduta plenaria senza i 76 seggi britannici, anche se è solo dal primo Gennaio 2021 che la Gran Bretagna è ufficialmente fuori dall’Unione Europea. Così geograficamente vicina ma ormai così lontana, federalmente parlando.

 

Brexit

Il 30 Dicembre scorso, Boris Johnson, primo ministro inglese, si è avvalso della seduta straordinaria Recall per approvare il tanto atteso accordo che regolerà temporaneamente i rapporti con l’UE.

L’eccezionale riunione – indetta in passato per eventi come la Guerra delle Malvine e l’attacco dell’11 Settembre alle Torri Gemelle – ha riscontrato 521 voti favorevoli e 73 contrari; e l’accordo, dopo il Royal Assent avvenuto in tarda serata, resterà provvisoriamente in vigore fino al 28 febbraio 2021.

La campagna elettorale, segnata anche da un omicidio ai danni della deputata laburista Jo Cox (1), fortemente convinta al Remain, a una settimana prima del referendum, arreca con sé ancora tutti i dubbi e le insicurezze su cosa succederà esattamente ai cittadini e le loro vite, alle economie e alla Nazione tutta.

 

Un piccolo excursus

Sono passati quattro anni e mezzo dal referendum che ha sancito, con il 51,9% di maggioranza, l’uscita dall’UE. Il 23 Giugno 2016, alle urne, tutti gli abitanti del regno potevano scegliere se votare per il Remain o per il Leave; ma il viaggio comincia almeno un anno prima, quando il premier espone al Consiglio europeo la volontà di indire un referendum – per l’appunto – in merito all’uscita. Nel novembre dello stesso anno Cameron invia una lettera all’ex presidente del Consiglio, Donald Tusk, nella quale, in quattro punti, venivano espressi i cambiamenti propostiin caso di uscita dall’Unione.

È la prima bozza di un ipotetico trattato, in cui la Gran Bretagna aveva tirato fuori gli artigli e, piena di buone speranze, avanzava pretese richiedendo piena libertà di scelta. 

Le richieste si incentravano su una governance e una sovranità economica tese ad ampliare i poteri decisionali della nazione, attraverso una piena convinzione nella sussidiarietà, che in diritto è il laissez faire di un ente superiore sullo svolgimento di un compito da parte dell’ente inferiore. Cameron, come l’Olanda sostiene la linea «Europa dove necessario, nazionale dove possibile (2)».

Ultimo focus della lettera è stato il tema dell’immigrazione e, appellandosi alla prospettiva che vede il Regno Unito divenire il paese più popoloso dell’UE entro il 2050, alla “fuga di cervelli” che dovrebbe essere una sfida per tutti gli altri Stati a non far scappare personale qualificato dal paese d’appartenenza, Cameron vuole stringere i rubinetti dei flussi migratori. Egli sostiene anche in questa parte della lettera che non dovrebbe essere permessa alle nuove nazioni partecipanti la libera circolazione verso gli altri Paesi membri fino a quando le loro economie non saranno convergenti il più possibile.

Al presidente inglese, nel febbraio del 2016, i Capi di Stato riuniti in sede di Consiglio europeo rispondono con un’altra missiva nella quale si ricorda al prime minister che il Regno Unito ha già il diritto a non partecipare all’acquis di Schengen; a scegliere se intervenire o meno nelle misure relative lo spazio di libertà , sicurezza e giustizia; dal 2014 può far cessare l’applicazione di atti e disposizioni dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria.

 

Una confusa campagna elettorale a fuochi incrociati

Uno studio del 2017, intitolatoWho voted for Brexit? A comprehensive district – level analysise pubblicatosulla rivista mensile Economic Policy,ha mostrato che l’ideologia di lasciare l’UE tendeva a essere maggiore nelle aree con redditi più bassi e alta disoccupazione, inoltre, laddove vi era un grande flusso di migranti dell’Europa orientale.

Questo documento registrava una percentuale maggiore di Leave nelle zone colpite dal declino economico, con alti tassi di suicidio e morti per droga. Tutto scatenato dalle riforme di austerità introdotte nel 2010.

Anziani e meno istruiti propensi ad abbandonare l’Unione. Votare per lasciarla è stato associato a mantenere convinzioni politiche socialmente conservatrici, a contrastare il cosmopolitismo e pensare che la vita in Gran Bretagna stia peggiorando. I sostenitori del fronte separatista credevano che lasciare l’EU fosse più propenso a creare un sistema migliore di migrazione, migliori controlli alle frontiere e un sistema di welfare più equo. Forte caposaldo di questa teoria è il principio secondo cui le decisioni sul Regno Unito debbano essere prese nel Regno Unito; mentre i sostenitori del Remain erano convinti che la permanenza avesse aiutato a migliorare l’economia e l’influenza della nazione nel mondo intero, e che i rischi di votare per lasciare l’Unione sembravano troppo grandi quando si trattava di argomenti come l’economia, l’occupazione e i prezzi (3). «La popolazione durante la campagna elettorale era abbastanza confusa» racconta Andrea Biferi, direttore tecnico della sede londinese della Industrial Light & Magic, una delle aziende più importanti nel campo degli effetti speciali.

Molte persone, nella capitale, affermavanodi votare pro uscita perché volevameno indiani nelle strade, ma viene subito da pensare che l’India e la Brexit non sono proprio la stessa cosa.

«Circolavano tante fake news su una presunta miglioria dello stile di vita, e quanto bene avrebbe apportato una raggiunta e quanto mai desiderata indipendenza dall’Europa».

Andrea mi parla di come sugli autobus venivano affisse pubblicità menzognere su onerosi incentivi alla NCS (il servizio sanitario nazionale) qualora il Paese avesse votato Leave.

E così, da uno spavento iniziale, si è passati alla confusione dovuta dal bombardamento di notizie e poi all’annullamento quasi totale dell’interesse da parte della cittadinanza.

Questo perché dal referendum sono passati più di quattro anni, le persone hanno visto che il processo d’uscita era lungo e impervio e i sondaggi affermano che se si potesse, le persone cambierebbero decisione sul voto. Non che a Giugno 2016 il Leave avesse vinto con grande distacco, anzi vittoria risicata che era indice dell’indecisione generale.

«Per ora non si potrà più pensare di arrivare in Gran Bretagna e fare la gavetta aspettando l’offerta di lavoro che più ti si confà» come mi spiega di aver fatto. Certo, in futuro forse alla Nazione servirà anche gente che andrà a tentare lavoretti saltuari, piuttosto che richiedere solo manodopera specializzata come è richiesto nell’accordo.

I voti dei giovani sono stati pochi, perché poco interessati. «Il fronte favorevole all’uscita ha fatto proseliti nelle zone esterne alla capitale, nelle aree rurali e più distanti da Londra». Andrea asserisce che a Londra, e specialmente nella Citysi sente di più l’Europa, dagli affari alla multietnicità. È come se avesse un certo bisogno di appartenenza nei suoi confronti.

 

Il Guardian suona la marcia funebre

Il 31 dicembre scorso, il giorno dopo il trovato accordo, il Guardian si scaglia con Johnson e definisce la Brexit come un tragico errore nazionale.

«Questo è un giorno di tristezza, non di gloria, per noi che saremo sempre parte dell’Europa (4)». Continua – per quelli che la volevano è un momento di indipendenza riconquistata, di sovranità recuperata, in altre parole di una ripresa del controllo.

Il desiderio di sovranità del popolo britannico è inteso come un vivere sotto le proprie leggi, fatte dai loro parlamentari eletti. La Brexit è stata contrastata dalla maggioranza in Scozia, nell’Irlanda del Nord, a Londra e in altre città, così come dalla gran parte dei giovani e dei più acculturati.

Alla fine dell’articolo, viene scoccata una freccia avvelenata diretta al premier, accusandolo di avere fantasie di grandezza e colpevole di confondere la sovranità col potere.

 

I primi cambiamenti osservabili 

Sostanzialmente, le prime e poche informazioni utili su cosa avverrà dal 1° febbraio riguardano i movimenti di merci e persone.

Non essendo più un paese dell’UE, per vivere e lavorare nel Regno Unito, per un periodo superiore ai tre o ai sei mesi servirà un visto. Fino a nuove normative agli individui che arriveranno in terra britannica basterà la carta d’identità; dopo ci sarà la necessità di avere un passaporto.

Aerei, navi o treni (come il TGV, che collega Parigi-Londra in due ore) saranno soggetti ad affrontare controlli di frontiera e operazioni doganali; e, nonostante la Gran Bretagna sia un’isola e di confini non ha sostanzialmente bisogno, si dovrà erigere un confine fisico tra l’Irlanda del Nord (rimasta sotto possedimento UK) e l’europea Repubblica d’Irlanda.

Non ci saranno limiti all’immigrazione legale, purché l’interessato disponga di un contratto di lavoro superiore a 30mila euro/anno. Ciò servirebbe a «limitare l’ingresso di manodopera non specializzata e favorire quello di lavoratori stranieri qualificati (5)».

Altro tema cruciale – per gli studenti – è l’annullamento dell’Erasmus per gli studenti britannici.

Argomento spinoso resta quello del commercio: il Regno Unito è un importatore totale. Compra tantissimi beni dall’Europa, ma vende pochissimo. Tutte queste merci avrebbero dovranno passare una dogana e il loro costo avrebbe potuto essere inflazionato coni dazi, se non si fosse arrivati a un Deal tra le parti.

 

Iniziano le nuove trattative economiche

Durante questi trattati temporanei, che seguiranno l’assestamento della Brexit, l’UE resterà nella stessa posizione di forza di adesso: il mercato unico europeo servirà alla Gran Bretagna, il contrario forse meno. C’è stato un attimo di paura dopo l’elezione di Biden, che è contro la Brexit, perché questo risultato poteva far sprofondare il Regno Unito in un pericolo concreto di crisi economica e isolamento politico. Cade a fagiolo il prossimo G7 in Cornovaglia: sarà il primo viaggio del nuovo presidente statunitense e anche una buona occasione per ricucire il rapporto messo in crisi da Trump. C’è stato già un incontro tra loro due – cita l’articolo dell’agenzia di stampa Sputnik – sebbene sia avvenuto solo telefonicamente. Johnson «ha accolto calorosamente la decisione di Biden di rientrare nell’accordo di Parigi sul clima, così come nell’O.M.S. (6)». Entrambi i presidenti –dice Carlo Mongini su Pandora Rivista – si augurano di risolvere presto le questioni commerciali, però prima c’è maggiore necessità di coordinare le forze sulla politica estera, nei rapporti con Cina, Iran e Russia. La Gran Bretagna ha sempre pensato di avere una relazione speciale con Washington, infatti, tesa a riprendere il dialogo, ha deciso di non imporre dazi sugli Stati Uniti; questo anche per evitare una hard Brexit. Johnson, poi, per calmare anche le acque con l’UE, per la COP26 del prossimo anno che si terrà a Glasgow e la presiederà insieme all’Italia, ha annunciato di voler tagliare il 68% delle emissioni entro il 20137.

L’Unione, da quando non è più presente la componente più euroscettica, è riuscita a varare brevi misure economiche rivoluzionarie, come la prima volta della definizione di debito comune. Un altro cambiamento che la Brexit ha portato con sé è che, al momento, nessun altro Paese vuole uscire dall’Europa. Come se le trattative del Regno Unito avessero «vaccinato politicamente (8)» l’opinione pubblica.

Rimane comunque doverosa attenzione ai risvolti economici della Brexit: aver scongiurato un divorzio senza deal, per il momento, ha dato fiducia ai mercati ma bisognerà tenere sotto osservazione gli andamenti sul medio e lungo periodo.

Nell’accordo ci sono da menzionare anche le trattative con la Turchia e il suo capo di stato Erdoğan. L’esito positivo del negoziato evita il pagamento di dazi e conferma il regime di scambi vigente finora e riguarda beni industriali e agricoli. Verranno mantenute le stesse tariffe per le 7.600 imprese britanniche che hanno esportato in Turchia nel 2019. Vantaggioso anche per il premier turco che ha ammesso che, senza l’intesa, la Nazione avrebbe subito perdite superiori a due milioni di dollari visto che i due terzi dei beni che esporta avrebbe sentito la morsa dei dazi.

Commercio – principalmente di metalli preziosi, veicoli, tessuti e apparecchiature elettroniche – che due anni fa ha fatturato 18,6 mld di sterline. L’U.K. ha firmato un accordo anche con il Vietnam per non perdere l’accesso alle tariffe preferenziali in una delle economie in più rapida crescita e più aperte dell’Asia. «L’accordo creerà un quadro per una cooperazione economica completa, a lungo termine e sostenibile (9)».

In generale, secondo Indipendent Strategy – società indipendente di ricerca e strategie – sono previsti contraccolpi pesanti per l’economia britannica. Si stima un crollo della sterlina, attualmente scambiata per 1,35 $, che potrebbe arrivare al di sotto di 1,10 dollari.

Questa analisi mette in luce soprattutto i conti per i contraccolpi sull’economia reale poiché, sì l’accordo ha evitato dazi e imposte esagerate per il Regno Unito, ma non il costo di perdere l’accesso, senza alcun attrito, a un mercato mondiale che rappresenta oltre il 40% delle sue esportazioni.

L’economista Paolo Guerrieri, in un’intervista rilasciata al quotidiano online del Vaticano, ricorda che il Regno Unito ha perso anche gli accordi di libero scambio dell’UE con i Paesi terzi, sottolineando che le negoziazioni dell’UnioneEuropea con gli 80 Paesi sono frutto di anni di trattative, e quello stipulato tra U.K. e Turchia, o col Giappone, è solo una bozza da sistemare definitivamente (10).

In questo articolo, Guerrieri sostiene inoltre che la narrativa dei sostenitori della Brexit si è accampata su una bugia: la presunta ritrovata libertà del Regno Unito che scatenerebbe un’ondata di investimenti produttivi e afflussi di capitale straniero.

La sovranità – adatta essenzialmente a Paesi piccoli – in un mondo come quello di oggi super competitivo, fatto di grandi potenze e macro-poli economici, è sostanzialmente solo un modo per definirsi. Tant’è che il potere decisionale all’interno di un mercato globale, ovviamente, verrà meno.

Nonostante ciò, il governo britannico ha da subito provato a creare spaccature sul fronte europeo, cercando di avanzare negoziati con alcuni Paesi, tentando di frantumare la compattezza tra i 27 Stati membri. Resta all’Unione la decisione di reagire non appena il Regno Unito iniziasse a divergere dalle norme e dai regolamenti imposti.

L’economista afferma che gli accordi U.K. siano le fotocopie di quelli europei con le stesse Nazioni; questo perché la Gran Bretagna non può permettersi nulla di diverso nonostante abbia espresso la volontà di diventare Paese sovrano. Questa promessa di El Dorado è un insieme di cose non vere; dal punto di vista economico coesistono vere assurdità: nell’accordo, infatti, sono stati menzionati dei tagli alla pesca europea in acque britanniche, fissata a un -25%, mentre, sono stati lasciati fuori gli ambiti finanziari che rappresentano un punto forte della Sua economia (il 10% dei profitti contro lo 0,1% della pesca). L’unico obiettivo sarà quello di minimizzare i costi.

Nell’accordo si decide a proposito di industrie, ma la Gran Bretagna non ha una vocazione manufatturiera. La City, centro nevralgico della finanza londinese, è stata semplicemente lasciata fuori dalle trattative finanziare perché l’UE ha tutto l’interesse a occupare la stessa fetta di spazio finanziario.

Per adesso, la Brexit per la City rappresenta la fine di un’era e, anche se la prospettiva di passare da una condizione onshore a una di centro finanziario offshore potrebbe aprire nuove fonti di business, la perdita del passaporto europeo per le società finanziarie che gli consentiva di concedere un prestito a un’azienda di un altro paese europeo può affossare ulteriormente la forza economica britannica.

Questa è una barriera tra la City e una fetta di mercato che rappresenta un quarto delle sue entrate annuali: tra 44.000 e 60.000 milioni di euro (11).

 

“La gatta frettolosa fa i gattini ciechi”

Nella parte prima del trattato, stipulato in extremis, c’è una sezione riservata alle disposizioni istituzionali e comuni, si legge come sia stata mantenuta una indipendenza reciproca tra Regno Unito e Unione Europea, ma ogni ambiguità sullo status di nazione sovrana è stata eliminata.

Una sezione innovativa del trattato riguarda il mercato digitale: sono presenti le disposizioni più liberalizzanti e moderne del mondo in materia. «È la prima volta che l'UE ha concordato disposizioni sui dati in un accordo di libero scambio. La disposizione contribuisce a facilitare il flusso transfrontaliero di dati vietando l'obbligo di conservare o elaborare i dati in una determinata località. Ciò impedisce l'imposizione di requisiti costosi per le imprese britanniche. L'accordo conferma i forti impegni di protezione dei dati sia da parte del Regno Unito che dell'UE, proteggendo i consumatori e contribuendo a promuovere la fiducia nell'economia digitale (12)».

Il deal include anche impegni precedenti in materia di Proprietà Intellettuale che forniscono elevati standard di protezione e applicazione dei diritti P.I.

L'Accordo fornisce un pacchetto completo di capacità operative che contribuirà a proteggere il pubblico e a consegnare i criminali alla giustizia: «Lo scopo di questa parte, come stabilito nelle Disposizioni generali, è di prevedere la cooperazione giudiziaria e di polizia tra il Regno Unito, l'UE e i suoi Stati membri in relazione alla prevenzione, alle indagini, all'individuazione e al perseguimento dei reati e alla prevenzione e alla lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo (13)». Tutto questo però ci fa notare come, nonostante l’establishment politico abbia esultato all’esito del referendum, le speranze di totale indipendenza non si avverano. Per ora l’interdipendenza della Gran Bretagna nei confronti dell’Europa è ancora vivida.

L'accordo fornisce, inoltre, un quadro per la cooperazione tra il Regno Unito e l'UE nel campo della sicurezza informatica, un settore in cui la cooperazione è reciprocamente vantaggiosa data la natura transfrontaliera delle minacce e delle sfide informatiche. Questo settore comprende le disposizioni per sostenere lo scambio di informazioni e la cooperazione in seno agli organismi e alle sedi internazionali per rafforzare la cyber resistenza globale.

Boris Johnson ha mostrato due facce in queste trattative: a volte si è fatto chiamare il Trump britannico, come quando ha minacciato di schierare l’intera Royal Navy sulla Manica in caso di mancato accordo (14), e altre in cui ha fatto passi indietro clamorosi perché ne avrebbero pagate le conseguenze tutti i cittadini, subendo danni economici disastrosi. 

La gatta frettolosa farà anche i micini ciechi, ma la furbizia caratteristica delle volpi ha sempre aiutato.

 

 

Gabriele Di Filippo, laureato in Giornalismo e Cultura Editoriale all'Università degli Studi di Parma

 

 

Note

1. /https://www.repubblica.it/esteri/2016/06/16/news/deputata_laburista_ferita-142156418/ 

2. Cameron David, A new settlement for the U.K. in a reformed european union, 10 Novembre 2015https://www.consilium.europa.eu/en/policies/eu-uk-after-referendum/2016-uk-settlement-process-timeline/ 

3. O Becker Sascha, Fetzer Thiemo, Novy Dennis, Who voted for Brexit? A comprehensive district –level analysis, in Economic Policy, vol. 31, nr. 92, Ottobre 2017, pp 601-650. 

4. The Guardian view of Brexit: a tragic national error, Editoriale del 31/12/2020,https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/dec/31/the-guardian-view-of-brexit-a-tragic-national-error 

5. https://www.ilsole24ore.com/art/brexit-conseguenze-spiegate-10-punti-ACyDeKFB 

6. https://it.sputniknews.com/politica/2021012410040530-biden-e-johnson-discutono-della-necessita-di-coordinare-le-politiche-estere-su-cina-iran-e-russia/, Biden e Johnson discutono della necessità di coordinare le politiche estere su Cina, Iran e Russia, 24/01/2012. 

7. Mongini Carlo, L’asso nella Manica. Joe Biden e i rapporti Regno Unito-UE, 02/01/2021, https://www.pandorarivista.it/articoli/l-asso-nella-manica-joe-biden-e-i-rapporti-regno-unito-ue/ 

8. https://www.wired.it/attualita/politica/2021/01/02/accordo-brexit-conseguenze/?refresh_ce= 

9. Vu Khanh, Britain sign free trade deal, to take effect Dec 31, Routers, 29/12/2020, https://www.reuters.com/article/uk-britain-eu-vietnam/vietnam-britain-sign-free-trade-deal-to-take-effect-dec-31-idUKKBN2931I3?edition-redirect=uk 

10. Speranza Fausta, Londra in cerca di accordi, comincia a fare i conti della Brexit, Vatican News, 30/12/2020, https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2020-12/regno-unito-unione-europea-brexit-turchia-accordi-commercio.html 

11. La Brexit per la City di Londra rappresenta la fine di un’era, Agenzia Italia, https://www.agi.it/economia/news/2020-12-29/brexit-ue-gran-bretagna-boris-johnson-10836613/ 

12. UK - EU Trade and Cooperation Agreement, p 15, https://www.gov.uk/government/publications/agreements-reached-between-the-united-kingdom-of-great-britain-and-northern-ireland-and-the-european-union 

13. Ivi, pp 25-26 

14. https://www.agi.it/estero/news/2020-12-12/brexit-no-deal-navi-militari-10660173/