Abbiamo realizzato uno speciale sul laboratorio IC2LAB, Laboratorio Intelligence, Complexity e Communication in collaborazione con diverse realtà nazionali e internazionali, pubblicato su Ansa.it, che raccoglie gli interventi di alcuni specialisti su temi di attualità, dei progetti innovativi e il parere di alcuni esperti.
La società in cui viviamo può prevenire virus e epidemie da un lato perché ne ha gli strumenti e dall'altro perché, come viene definito negli ultimi decreti, sia la scienza delle reti e che l'intelligence predittiva ci racconta come "le epidemie si sviluppino in modo repentino e condividano lo stesso fenomeno di diffusione, che può consistere in una mobilità esasperata oppure in una gestione inadeguata di passaggi tra reti sociali". È per questo che è nato un posto in cui 'cullare' le idee e creare le 'sentinelle' della sicurezza, per il presente e soprattutto per il futuro, mappando la nostra esposizione alla realtà rispetto l'informazione digitale, il 5G e gli strumenti innovativi: si chiama IC2 Lab (Laboratorio Intelligence, Complexity e Communication), e si trova all' interno di Accademia di Belle Arti e Design, Poliarte Ancona, coordinato da Giordano Pierlorenzi.
Alla base dell'iniziativa - in collaborazione con ReS on Network-Intelligence and global defence, hub research di Londra, la Fondazione Margherita Hack, Evodigitale, Biotai, ATROMG8, Foodchain e Quadrans foundation - un programma di ricerca denominato 'The sensitive future', che sarà alimentato dalle idee di specialisti internazionali e dall'apertura al dialogo tra discipline. All'interno di IC2 Lab, di cui è direttore Marco Santarelli, Responsabile Ricerca Innovativa e Sperimentale, diversi campi di studio e ricerca: dal data science e innovation technology alla filosofia delle interazioni alla psicologia sociale.
Tre i punti cardine del laboratorio, che si traducono anche negli ambiti di applicazione dei mestieri del futuro.
Il primo è la finanza applicata al business, dove scompariranno contanti e avanzerà studi sulla cripto-moneta. Il secondo è la security condivisa, in cui "la capacità umana dovrà andare di pari passo con quella tecnica". Il terzo ambito, che è ritenuta "la sfida maggiore" del laboratorio, sarà quello di mappare tutte le tecnologie che intendono proteggere e agevolare la vita delle persone attraverso il 5G, blockchain e innovazione digitale applicata al monitoraggio delle persone e al riconoscimento facciale (con attenzione alla privacy), Intelligence e Difesa Globale nelle sfide della complessità.
Tra i progetti in corso si sta sviluppando una app - insieme a Luca Faramondi del Campus Bio-Medico di Roma, che si occupa prevalentemente di Homeland Security - che mette insieme, riferisce Santarelli, aspetti di geolocalizzazione, e si alimenta anche grazie alle segnalazioni dei cittadini; ma anche la start-up Studiomapp per studiare l'impatto del coronavirus sulle città e sulle attività economiche grazie a all' intelligenza artificiale e alle immagini satellitari per effettuare dei confronti sullo stato di determinati luoghi, e costruire degli scenari pre e post emergenza (per esempio con un focus sul flusso di persone e sulla produzione), per poi arrivare a una valutazione strategica, che per esempio potrebbe "essere fondamentale" nel programmare la fase due delle riaperture in questo delicato momento.
IC2 Lab: un laboratorio per diventare “sentinelle della sicurezza e del bene comune”
di Marco Santarelli
Marco Santarelli è Capo Dipartimento di Scienze dell'Uomo e Sociali, Responsabile Laboratorio IC2 Lab - Laboratorio Intelligence, Complexity e Communication, Membro del Comitato Scientifico, Artistico Socioculturale e Dipartimentale per la Cibernetica, Presidente della Commissione Ricerca e Docente di Design Management in Poliarte - Politecnico delle Arti Applicate all'Impresa.
Aree di ricerca: Analisi delle Reti, Infrastrutture Critiche, Intelligence, AI.
Direttore Scientifico di ReS On Network di Londra e Fondazione Margherita Hack; Docente universitario di Intelligence, Big Data e Data Sciences, Teoria delle Reti, Cibernetica, Analisi Predittiva e Human Intelligence. Associato di ricerca per enti di ricerca internazionali, tra cui LEI, Lithuanian Energy Institute. Program Manager del mercato idroelettrico internazionale. Già Manager Enel Holding e Associato di ricerca CNR.
Coautore di Margherita Hack per dieci anni (3 libri insieme: “Sotto una cupola stellata”, Einaudi, Torino, 2012, “Diario di un incontro”, Zikkurat Ed. & Lab., Roma/Messina, 2010, “L'Aquila volta la carta”, Arkhè, 2010).
Tra le pubblicazioni più importanti "Hydrogeological disasters and risks prevention and management" (ENEFM - International Congress on Energy Efficiency and Energy Related Materials 2019, Turchia), "The Sensitive Future" (3rd International CBRNe Workshop 2016, Roma), "The Smart-Green Recycling" in Environmental Engineering and Management Journal, Vol. 8, 16/2017, "Infrastrutture critiche, ecco le nuove sfide per l’intelligence" (Agenda Digitale, 2019), "Infrastrutture: la resilienza non basta, occorre una teoria della prudenza" (2018 - Gli Stati Generali), "Prevenzione e gestione dei rischi e dei disastri idrogeologici" (Ecomondo 2019). Data Scientist e divulgatore scientifico per Il Messaggero e tv e media nazionali.
Già nel 2013 sostenevo che la società in cui viviamo, società di conoscenza e informazione, dovrebbe prevenire le epidemie perché ha gli strumenti per farlo.
La tipicità della società dell'informazione è essere una rete interconnessa, quindi abbiamo i mezzi per contrastare il diffondersi di virus e batteri. I decreti degli ultimi giorni sembrano proprio abbracciare ciò che la scienza delle reti e tecniche di Intelligence predittiva dicono da tempo: le epidemie si sviluppano in modo repentino e condividono lo stesso fenomeno di diffusione che può consistere in una mobilità esasperata oppure in una gestione inadeguata di passaggi tra reti sociali.
In futuro per evitare questa mancanza di lungimiranza su effetti e avvisaglie ancora lontane, dovremmo iniziare a circoscrivere, rintracciare e mappare il nostro grado di esposizione nella realtà anche attraverso la digital transformation, 5G e strumenti innovativi.
Questo si può fare grazie a un lavoro che mette insieme sfide future, rischi e opportunità. A questo scopo è nato il laboratorio IC2Lab - Intelligence, Complexity and Communication, in seno a Poliarte – Politecnico delle Arti applicate all’Impresa di Ancona e in collaborazione con ReS On Network – Intelligence and Global Defence, hub research di Londra, la Fondazione Margherita Hack, Evodigitale, Biotai, ATROMG8, Foodchain e Quadrans Foundation, con un programma di ricerca denominato “The Sensitive Future”, che si alimenterà delle idee di specialisti di varia estrazione provenienti da tutto il mondo. Un’attenzione verso una tendenza, seppur piccola, a tirare fuori una percentuale di predittività verso il futuro. Ovvero, attraverso progetti e collaborazioni scientifiche, si cercherà di generare la consapevolezza, speriamo sempre più concreta, di vivere oggi in una società seriamente complessa che richiede un nuovo ruolo dell’intellettuale. Questo per cercare figure che non siano chiuse in un unico ambito, ma che si aprano al dialogo tra discipline. Ovvero trasversalità a tutti gli effetti.
Il Laboratorio, di cui sono responsabile e la cui supervisione è affidata al Direttore di Poliarte Prof. Giordano Pierlorenzi, avrà al suo interno diversi dipartimenti: Data Science e Innovation Technology, Filosofia delle Interazioni e Relazioni (Logica e Filosofia della Scienza), Ergonomia, Psicologia Sociale e del lavoro, Sicurezza e Intelligence sociale, e un dipartimento di artisti, innovatori e visionari che daranno la spinta creativa e comunicativa ai progetti. Questo per capire, imparare a leggere ed interpretare i numeri non solo secondo principi matematici e fisici, metodi consolidati nel tempo, ma anche in chiave di intelligence e di possibilità future, dando supporto agli addetti della sicurezza per una Difesa sempre più globale, in collaborazione con vari ministeri della difesa internazionali. In ogni gruppo di lavoro gli specialisti dovranno avere queste skill in modo da andare oltre i semplici grafici, attraverso analisi predittive, basate sui dati aggregati utilizzando statistiche, strumenti di curve fitting o tecniche di machine learning, a delimitare zone di “potenziale rischio” per evitare un “effettivo rischio”. Questo approccio ci consente di mettere insieme modelli di esperti di tutto il mondo che ci aiutano a capire il concetto di sicurezza per poi delimitare il problema, prevenirne alcuni aspetti dannosi e applicare la cosiddetta Business Continuity e Crisis Management. Che sia esso un virus o un evento criminoso o intelligence ambientale applicato a grandi opere, cantieri e servizi.
Questo darà la spinta finale ai tre topic e mestieri del futuro, che sono, partendo dai primi due, la Finanza applicata al business, dove scompariranno contanti e moneta corrente e avanzerà sempre più il concetto di cripto-moneta, e la Security condivisa, in cui l’aspetto fisico verrà ad incontrarsi con l’aspetto relazionale, cioè si attiverà una collaborazione netta tra quella che viene denominata indagine informatica, che va dalla Cybersecurity alle frodi on line fino all’analisi da fonti aperte, quello che svolgono la OSINT, Open Source Intelligence, e la SIGINT, Signals Intelligence, e l’analisi da fonti relazionali, la HUMINT, Human Intelligence, consistente appunto nella raccolta di informazioni per mezzo di contatti interpersonali, che deve cambiare approccio e diventare la possibilità logica del pensiero (in base anche a cosa cambierà in futuro sui nostri contatti). Un approccio più legato al concetto di sentinella del dovere, in cui la capacità umana dovrà andare di pari passo con quella tecnica. Bisognerà organizzare dei modelli di comunità condivisa e questo dovrà uscire non solo dagli studi degli esperti, ma anche dai creativi e visionari. In tal senso stiamo sviluppando, ad esempio, un’app che mette insieme aspetti di geolocalizzazione, dati da piani di emergenza e aspetti real-time, che si alimenta anche grazie alle segnalazioni dei cittadini. Una collaborazione totale. L’app è sviluppata insieme al Campus Bio-Medico di Roma e al Prof. Luca Faramondi, che si occupa prevalentemente di Homeland Security.
Per finire, il terzo topic è la sfida maggiore del laboratorio che sarà quella di mappare tutte le tecnologie che intendono proteggere e agevolare la vita delle persone attraverso il 5G, Blockchain e Innovazione digitale applicata al monitoraggio delle persone e al riconoscimento facciale, delimitando una netta separazione tra la nostra privacy e tecnologie davvero utili contro atti criminosi.
Blockchain e imbottigliamento della rete
di William Nonnis
William Nonnis, classe 1982, da oltre vent’anni si occupa di sviluppo software, siti web e web application, di studio, progettazione e sviluppo blockchain dal 2012, è tra i 10 Top Influencer Blockchain Developer per MondoCrypto. Si definisce un purista della Blockchain: attualmente la sua più grande attività e ambizione è sicuramente quella di divulgare questo protocollo, in modo da fornire vantaggi orizzontali alla portata di tutti. Successivamente è stato inserito nello Staff Tecnico Italian Open Lab (studio, progettazione e sviluppo su Blockchain, AI, IoT e Applicazioni WEB, per il Ministero della Difesa). Attualmente risulta in forza presso la Struttura di Progetto Energia (Ministero della difesa), il cui compito è l'efficientamento energetico e il risparmio a capacità dello stesso di ottimizzare l’utilizzo dell'energia all'interno della Difesa con ripercussione nella PA: questo comporta la possibilità di uno studio, progettazione e sviluppo, sull'utilizzo della Blockchain e sulle infrastrutture critiche.
Incarichi Attuali:
• Full Stack & Blockchain Developer, Ministero della Difesa
• Staff Tecnico Italian Open Lab (studio, progettazione e sviluppo su Blockchain, AI, IoT e Applicazioni WEB, per il Ministero della Difesa)
• Member of Focus Group UNINFO (CEN/CENELEC) Blockchain DLT
• Membro del Consiglio Nazionale di Italia4Blockchain
• Membro e responsabile del Comitato Tecnico (No profit) di EvoDigitale
• Responsabile del Comitato Tecnico (No profit) di Biotai
• Capo Dipartimento Scientifico tecnologico (No profit) di ATROMG8
• Responsabile scientifico Digital Innovation, Digital Transformation e Blockchain (No profit) di Res On Network
Ogni blockchain (permissionless) consente di trasferire valore tra, appunto, blockchain per sfruttare le funzionalità specifiche relative ad applicazioni specifiche, indipendentemente dalla rete che detiene le risorse di ciascun stakeholder.
Tenendo presente il carico a cui oggi è sottoposta l’infrastruttura di rete nazionale, la blockchain non dovrebbe avere a grandi linee nessun risentimento tecnico/funzionale.
Il problema non è la tecnologia, ma il nostro pensiero limitato su come funziona la blockchain e su cosa può fare. Al momento dell’ingresso del Bitcoin, molti partecipanti del mercato non erano interessati alla parte tecnica e alle nuove possibilità che offriva per la società, ma solo al punto di vista finanziario e al desiderio di guadagnare miliardi in breve tempo.
La blockchain oggi presenta diversi problemi fondamentali, uno dei quali è la velocità, perché sempre più dati devono essere elaborati attraverso la stessa rete di nodi e le relative restrizioni di crescita. Poi, naturalmente, la minaccia di un costante sviluppo delle capacità di calcolo e, non ultimo, il "caso d'uso" che giustifica o meno l'efficienza economica.
A tal proposito, esiste una realtà chiamata ATROMG8, i cui fondatori sono Milivoje de Batista e Herbert Sterchi (responsabile governativo della Crypto Valley in Svizzera e fondatore di Ethereum).
ATROMG8 lavora su una cosiddetta DPoS (Delegated Proof of Stake) e utilizza questa capacità solo per confermare e regolare i micro-pagamenti. Tutto il resto viene fatto tramite la miglior blockchain concordata o semplicemente tramite DLT, perché non tutto è necessario. Questo porta a un enorme risparmio energetico, ma anche a sgravi di capacità nell’area di fatturazione dei server. L’efficacia dei POS o DpoS ha motivato menti brillanti come Vitalik Buterin ad adattare il suo sistema e la sua rete all’Ethereum e a sviluppare soluzioni.
Sappiamo che molti progetti sono sviluppati da team che utilizzano i fork delle blockchain esistenti per raggiungere i loro obiettivi, garantendo sviluppo e molta esperienza. Non c’è una sola blockchain che possa fare tutto. E ATROMG8 non ha creato nulla che già non esista, ma ha dato vita a uno spazio per tutti coloro che vogliono trovare il loro posto nel nostro ecosistema. In ATROMG8 ci sono solo i punti di contatto tra i vari progetti che vanno dal pagamento all’invio dei messaggi e dove, in un cosiddetto interblock, le informazioni importanti vengono elaborate insieme e utilizzate nella rispettiva blockchain del progetto. Questo porta a strutture di elaborazione dati molto sottili e lascia spazio allo sviluppo di componenti di sicurezza per la protezione contro la criminalità informatica di oggi. La velocità rimane inalterata se ci sono molti utenti contemporaneamente. Al contrario, nel campo dell’offuscamento dei meta dati, è addirittura di grande utilità avere tanti utenti, in quanto solo in questo modo si raggiunge il massimo rendimento nel campo della velocità.
I problemi di rete a cui assistiamo in questi giorni, in cui tutti devono stare a casa e quindi si muovono insieme su internet e richiedono servizi, hanno molto a che fare con infrastrutture e processi di filtraggio obsoleti. Non siamo pronti e non abbiamo la capacità, hardware e software, per poter reggere queste quantità di dati. Atrom Gate funziona come Internet in piccoli pacchetti di dati distribuiti su diversi gruppi di utenti che sono decentralizzati e garantisce anche la separazione dei servizi, evitando backlog come Ethereum che vuole servire tutto da un’unica struttura. ATROMG8 non crea centralizzazione nella decentralizzazione.
Inoltre, fornisce informazioni importanti per i servizi pubblici e le università, per garantire la sicurezza dei propri dati. Oramai le aziende non si fidano più delle obsolete infrastrutture terrestri ed è per questo che ATROMG8 sta lavorando per il futuro, ma come? Attraverso i satelliti di Accubits Technologies, il cosiddetto Progetto Chainsat, per proteggere questi preziosi dati dalla ricerca e da altre aree sensibili, garantendo che siano tenuti separati dalla trasmissione intercontinentale terrestre. L’ottimizzazione della velocità è attualmente del 70% in più rispetto alle tecnologie convenzionali blockchain. Questo sarà ulteriormente potenziato nei prossimi anni grazie alla disponibilità di tecnologie e infrastrutture migliori e delle opportunità che offrirà il futuro, come il progetto dei mini satelliti spaziali creati da Elon Musk.
La sicurezza del cittadino grazie a una app sviluppata insieme al Campus Bio-Medico di Roma
di Luca Faramondi
Luca Faramondi ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Ingegneria Informatica ed Automazione nel 2016 presso l’Università degli studi Roma Tre. L’attività di ricerca riguarda gli aspetti metodologici e le tecnologie applicative per lo sviluppo di algoritmi di localizzazione, la protezione cyber e fisica delle infrastrutture critiche, l’identificazione delle vulnerabilità e la definizione di strategie difensive per sistemi distribuiti. Dal 2017 è membro dell’IEEE SMC Technical Committee on Homeland Security. Attualmente ricopre il ruolo di assegnista di ricerca presso il laboratorio di Automatica della facoltà dipartimentale di Ingegneria dell’Università Campus Bio-Medico di Roma dove è docente del corso di Domotica e Supervisione di Impianti per l’a.a. 2019/2020.
“Le applicazioni mobili orientate alla sicurezza del cittadino e la grande diffusione di smartphone sul territorio rappresentano, soprattutto in questo periodo, una grande opportunità da sfruttare per incrementare il livello di sicurezza.” - sostiene il Prof. Luca Faramondi - “Questi dispositivi costituiscono una infrastruttura distribuita in grado di fornire informazioni di qualsiasi genere, ovviamente rispettando la privacy, l’anonimato e la volontà di condividerle dell’utente. I dati ottenuti, elaborati in modo adeguato, porteranno allo sviluppo di un nuovo modo di gestire la sicurezza in cui ogni utente potrà fare la sua parte. L’obiettivo è unire questi dati con quelli acquisibili da fonti aperte, come testate giornalistiche, avviando un processo di aggregazione intelligente che permetterà di stimare il livello di rischio di una determinata area del territorio. Le competenze del laboratorio di Sistemi Complessi e Sicurezza del Campus Bio-Medico di Roma, nel campo dell’Homeland Security e nello studio di sistemi distribuiti, completeranno il processo di integrazione delle informazioni. Lo sviluppo di questo tipo di applicazioni mobili deve anche essere inteso come l’opportunità di realizzazione di un canale diretto per le comunicazioni tra ente territoriale e cittadino; un canale sicuro ed affidabile esente da fake news e di fondamentale importanza per fronteggiare situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo.”
Pandemia e rete: quanto la teoria delle reti può aiutarci nell’affrontare una situazione di crisi
di Antonio Scala
Antonio Scala, laureato in Fisica all’Università di Napoli Federico II e conseguito un dottorato all’Università di Boston, è stato membro dell’OSN (Osservatorio per la Sicurezza Nazionale del Ministero della Difesa) è ricercatore scientifico all’Istituto Sistemi Complessi del Consiglio Nazionale della Ricerca Nazionale (CNR), in cui si occupa di Reti Complesse in ogni ambito, dall’economia alla medicina, ed è Presidente della Big Data in Health Society.
Un’intervista a un esperto di reti, infrastrutture critiche e sistemi complessi, Dott. Antonio Scala, ricercatore CNR e presidente della Big Data in Health Society.
La teoria delle reti sostiene che siamo tutti connessi e vicini, ovvero in un solo mondo. Ci può spiegare in breve come si propaga da un punto a un altro un virus che ha le stesse caratteristiche di una rete?
Vi spiego cosa succede ad un virus quando si trova all’interno di una rete.
Innanzitutto, per capire la differenza tra virus e rete, basta guardare cosa succede in un mondo meno connesso. L’esempio classico è l’epidemia di peste nera in Europa: dall’arrivo in Medio Oriente fino al suo spegnersi nei Mari del Nord passarono circa due anni e mezzo. All’epoca i collegamenti erano difficili e la velocità dell’epidemia procedeva con la velocità con cui le persone e le merci si muovevano. In pratica, la rete dei contatti sociali era meno densa, per cui il contagio per passare da una città all’altra doveva aspettare che qualcuno si spostasse con i lenti mezzi dell’epoca dall’una all’altra.
Oggi la velocità degli spostamenti è tale che una persona infetta, prima di rendersi conto di essere tale, può già essersi spostata da un punto all’altro del globo. Non a caso i modelli epidemiologici più avanzati indicano i trasporti aerei come i maggiori “acceleratori” di epidemie. In generale, più la rete sociale è connessa, più l’epidemia ha facilità a propagarsi: non a caso la prima norma in questi casi è “diluire” la rete, ovvero evitare quei luoghi (trasporti pubblici, scuole, stadi, assembramenti in generale) dove tante persone sono a contatto.
Effetto domino ed epidemie: come sono correlati?
Quando per la prima volta furono introdotti i nuovi modelli epidemiologici che tenevano conto dei flussi globali di persone nel mondo, si capì subito che, per evitare che tutti i paesi si contagiassero per effetto domino, l’unico intervento era interrompere tali flussi, in particolare quelli aerei. Per essere efficace, tale soluzione purtroppo richiede nella maggior parte dei casi un tempo inferiore a quello di cui si dispone: in pratica, da quando nasce un’epidemia a quando viene rilevata clinicamente, i portatori hanno già avuto modo di fare il giro del globo e la chiusura dei traffici non risolve il problema. Allo stesso tempo, poter risalire a chi è stato potenzialmente esposto al contagio ed isolarlo aiuterebbe a mitigare l’epidemia.
Quali pensa che saranno gli scenari futuri?
La prima cosa da fare è avere un sistema di analisi e modelli che analizzi dati di qualità raccolti in presa continua. Tale sistema deve funzionare non solo durante le emergenze, ma anche prima che accadano, in modo da partire da una situazione con il minor numero di incognite possibile. Ovviamente un sistema del genere non può che partire da un approccio interdisciplinare, in grado di elaborare dati tenendo conto del loro significato clinico-medico, di analizzare scenari in base alle possibili politiche di intervento e di comunicare in modo efficace e differenziato i risultati ottenuti ai decisori e ai cittadini. Non bisogna assolutamente sottovalutare l’importanza di una comunicazione che affianchi e supporti i piani di intervento evitando da un lato il panico, dall’altro la sottovalutazione del problema. È inoltre chiaro che un tale sistema non può che essere coordinato a livello mondiale: in una epidemia, prima si parte e meno restrittive possono essere le misure. Inoltre, vi deve essere una procedura condivisa su quali siano i dati da rilevare e le procedure affinché siano confrontabili, nonché un comune accordo sui modelli interpretativi e sui parametri di interesse. Dando per scontato che se un paese sta già soffrendo una escalation del fenomeno, allora sicuramente qualche infetto sarà già presente anche nel mio territorio, si può evitare di aspettare che il fenomeno raggiunga anche da me livelli elevati ed agire di anticipo, cercando di isolare i possibili contagiati. Nei paesi occidentali, lo scenario futuro che spero si verifichi è che in condizioni di allarme le persone si autodenuncino immediatamente, sia per il bene del paese, sia perché così potranno avere cure tempestive; in alternativa, si rischia di dover ricorrere a sistemi più intrusivi della nostra privacy come quelli che sono stati possibili – ed efficaci – in paesi con una tradizione di maggior rispetto della collettività rispetto all’individuo.
Pandemia e rete: quanto la teoria delle reti può aiutarci nell’affrontare una situazione di crisi
di Gregorio D'Agostino
Gregorio D’Agostino, laureato con lode nel 1987 e conseguito un dottorato in Fisica nel 1992 all'Università di Roma La Sapienza, è nello staff scientifico di ENEA dal 1989. Attualmente è Ricercatore Senior e Knowledge Exchange Officer. Insegna Cybersecurity all'Università di Tor Vergata come Professore Associato, è stato Presidente dell'Associazione Italiana Esperti Infrastrutture Critiche (AIIC) ed è Presidente dell'organizzazione scientifica NetonNets.
Un’intervista a un esperto di reti, infrastrutture critiche e sistemi complessi, Prof. Gregorio D’Agostino, Knowledge Exchange Officer per ENEA.
La teoria delle reti sostiene che siamo tutti connessi e vicini, ovvero in un solo mondo. Ci può spiegare in breve come si propaga da un punto a un altro un virus che ha le stesse caratteristiche di una rete?
Le reti costituiscono un’astrazione elementare molto efficace di realtà molto complesse: il caso delle epidemie è in questo senso emblematico. La propagazione di un’epidemia dipende da moltissimi fattori prevalentemente di tipo biologico e sociale. Dal punto di vista biologico ad esempio vi è una notevole differenza tra patogeni virali e batterici e nell’ambito dei virali sono significative caratteristiche come la struttura glico-proteica del capiside che determina la capacità e l’efficienza nell’infettare le cellule o il tipo di polimerasi necessarie alla duplicazione del virus. Dal punto di vista sociale sono importantissimi le tipologie di rapporti tra gli individui, la loro frequenza, la loro molteplicità, la tendenza alle aggregazioni per grandi o piccoli gruppi, etc. Tuttavia nella rappresentazione delle reti tutti questi fattori vengono sintetizzati in pochi numeri essenziali, insieme ovviamente alla rete dei contatti, cioè per ogni individuo l’insieme delle persone con cui ha occasione di contagio. In particolare due numeri fondamentali (necessari per ogni modello) sono la probabilità di propagazione (di solito si indica con beta) e la letalità. Per ogni potenziale contatto dovremmo conoscere entrambi questi fattori, ma la bellezza dei grandi numeri è che alcuni risultati non dipendono dal dettaglio, ma solo dal valore tipico di tali grandezze. Lo stesso per le reti, ovviamente per conoscere e prevedere il dettaglio del decorso di una specifica epidemia occorre conoscere tutta la rete, ma per avere comportamenti generali basta sapere la “classe” di reti a cui appartiene. Nel caso delle odierne strutture sociali in cui tutti siamo connessi a tutti tramite cinque o sei passi a livello planetario (tecnicamente reti a leggi di potenza) il risultato fondamentale è che non c’è una soglia epidemica. La brutta notizia è che per quanto noi ci sforziamo di abbassare la probabilità di contagio, lasciando inalterate la nostra struttura di relazioni fisiche, l’epidemia si diffonde sempre. Ma la cinetica, cioè la tempistica con cui si manifesta la malattia cambia. Se abbassiamo la probabilità di contagio il numero di individui simultaneamente infetti si riduce e il nostro sistema sanitario è in grado di trattarli tutti. Questa è la speranza che soggiace alla strategia posta in atto dal governo. In realtà, se fossimo in grado di mutare profondamente la topologia della rete dei nostri contatti fisici aumentando a dismisura il numero di gradi di separazione tra gli individui, emergerebbe anche una soglia sotto la quale l’epidemia si estingue. Questa è la seconda speranza che soggiace alla strategia del governo.
Se chiudiamo il Paese dall’esterno e ritorniamo ad una struttura a connessione iper-locale, forse l’epidemia si estingue, in Italia. I limiti di questa strategia sono evidentemente due: la capacità di attuare realmente le misure e la coordinazione con il resto del pianeta. Ovviamente connettività zero è impossibile perché noi esseri umani necessitiamo dei “servizi essenziali”. Tutti noi dobbiamo mangiare e bere; qualcuno deve eliminare i nostri rifiuti; consumiamo energia e connettività etc. Il secondo numerino importante è la letalità, la probabilità di morire o riportare danni avendo contratto la malattia: questo dipende dalle caratteristiche biologiche dell’infetto, dalla qualità della sua vita e dal trattamento sanitario a cui è sottoposto. Su questo la teoria delle reti non è di aiuto.
Un’altra domanda cruciale per i modelli è “SIR o SIS?” Cioè: un individuo può essere Sano (S), può divenire Infetto (I) e poi diviene Refrattario (R cioè immune) oppure di nuovo Sano (S), ma infettabile?
Purtroppo questo non è noto per tutti i patogeni ed in particolare per questa pandemia.
L’altra questione pressante è quanto tempo dobbiamo attendere perché le misure introdotte diano risultati? Questo dipende anche da un terzo numerino che è il tempo di latenza o incubazione. Quanto passa da quando un individuo è contagiato a quando diviene infetto? E un altro numerino ancora: il tempo medio di guarigione. Da questi due numeri dipenderà la durata della quarantena decisa dal governo. Purtroppo, anche questi numeri non sono noti con precisione e quindi non è possibile fare previsioni fondate.
Effetto domino ed epidemie: come sono correlati?
Effetto domino ed epidemia sono due termini del linguaggio naturale per indicare la propagazione di uno stato (opinione, malattia, debito, etc.) da una persona (o un soggetto astratto) ad un’altra. Normalmente si usa la prima espressione per gli eventi dominati da fattori deterministici, mentre l’espressione epidemia è riservata alla propagazione diffusa di patogeni in una comunità umana, animale o vegetale. Quindi nel primo caso il problema è preesistente e una piccola perturbazione ne innesca gli effetti con una cinetica solitamente rapidissima e incontrollabile; mentre nel secondo esiste una rete di relazioni normale e la propagazione avviene con meccanismi probabilistici a cui è possibile opporsi mutando i costumi. L’effetto domino si può prevenire evitando le condizioni critiche che lo consentono, le epidemie sono invece praticamente inevitabili.
Quali pensa che saranno gli scenari futuri?
Purtroppo, una popolazione di otto miliardi di abitanti con una struttura sociale a pochi gradi di separazione è per sua natura prona a pandemie che sono e saranno assolutamente inevitabili. Ma possiamo e dobbiamo imparare a gestirle. Per farlo occorre creare delle specifiche strutture, sia di presidio sanitario che di indagine sistemica, che consentano l’individuazione precoce delle nuove pandemie (prima che divengano tali); occorre l’adozione di strategie di contrasto e il trattamento adeguato dei soggetti colpiti. Il presidio sanitario implica l’esecuzione permanente di test su individui apparentemente sani scelti a caso (specialmente nei punti di connessione tra macro-comunità) non solo per evidenziare un patogeno noto, ma per identificare anche nuovi patogeni. Inoltre è necessario conoscere la struttura sociale degli individui e questo è in potenziale contrasto con il GDPR ed in generale con le leggi di tutela della privacy. Infine, è necessario rendere le strutture sanitarie dinamicamente convertibili per affrontare le contingenze epidemiche. In altre parole: prevenzione, diagnosi precoce pre-epidemica (early warning), monitoraggio della rete sociale e resilienza dell’infrastruttura sanitaria.
AI e immagini satellitari per studiare l’impatto del Coronavirus sulle città
di Leonardo Dal Zovo e Angela Corbari
Leonardo Alberto Dal Zovo
Leonardo Alberto Dal Zovo, laureato in Informatica all’Università di Padova, si è specializzato in Data Science ed Intelligenza Artificiale applicata alle immagini satellitari. Fondatore di Studiomapp nel 2015, ha guidato la startup verso riconoscimenti internazionali da parte di Pentagono e NCIA, ed è stato invitato ad eventi parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per testimoniare come il digitale può aiutare a raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU. Nel 2019 ha raccontato a TEDxVicenza come le tecnologie spaziali possono aiutare a velocizzare le operazioni di soccorso dopo disastri grazie all’Intelligenza Artificiale. Dal 2016 è anche advisor per la World Bank.
Angela Corbari
Angela Corbari, laureata in Scienze Naturali all’Università di Bologna, si è specializzata in gestione delle risorse naturali, analisi del territorio e mappe digitali. Da libera professionista con quindici anni di esperienza nell’ambito pubblico e privato, nel 2015 ha fondato Studiomapp in cui svolge il ruolo di Direttore Operativo. Appassionata di Innovazione, Spazio e di Scienza, è anche formatrice e divulgatrice per promuovere le professionalità STEAM e incoraggiare le ragazze ad intraprendere carriere in ambito tecnico-scientifico.
Studiomapp è una startup innovativa specializzata in location intelligence, fondata a fine 2015 da Leonardo Alberto Dal Zovo ed Angela Corbari con basi a Ravenna e Roma.
Ha ottenuto riconoscimenti dal Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti e da NATO Communication and Information Agency per aver sviluppato algoritmi di intelligenza artificiale applicati alle immagini satellitari, ed è stata invitata ad eventi parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2019 per raccontare come il digitale e lo spazio possono aiutare a raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, venendo anche citata come unica startup italiana nel report “Digital with Purpose”, una ricerca di oltre 500 pagine redatta da GESI e Deloitte che fa il punto dopo 4 anni dal lancio degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU.
Studiomapp in questo momento sta anche analizzando gli effetti e l’impatto del Corona Virus sulle città e le attività economiche, sempre grazie all’uso di Intelligenza Artificiale applicata alle Immagini Satellitari. Grazie al riconoscimento e conteggio di oggetti, in particolare automobili ed altri mezzi di trasporto come camion e autobus, è possibile confrontare su immagini satellitari lo stato di occupazione di parcheggi, depositi ed altri luoghi per fare valutazioni strategiche. Questa tecnica, solitamente impiegata in attività di geomarketing in particolari da grandi catene di supermercati o nell’ambito retail, viene impiegata da Studiomapp durante l’emergenza per monitorare anche un’intera città.
“Analizzare gli effetti e l’impatto del Corona Virus sulle città e le attività economiche è un passaggio fondamentale per poter pianificare la ripartenza. Con Studiomapp, la startup innovativa che ho fondato assieme ad Angela Corbari” commenta Leonardo Alberto Dal Zovo, CEO della società,” stiamo usando intelligenza artificiale per estrarre informazioni dalle immagini satellitari per produrre analisi degli scenari pre e post emergenza, con un focus sul flusso delle persone, della produzione e delle merci. Per questo, mettiamo in campo una tecnologia che è già stata premiata da Pentagono e NATO Communication and Information Agency, e ci focalizzeremo sempre di più nella geo intelligence per supportare le aziende nella digital transformation per il monitoraggio di asset ed aree di interesse strategico.”
L’influenza e il contributo dello spazio in tutti i settori industriali, economici e ambientali sono destinati a crescere sempre più nei prossimi anni, come dimostrato anche dal successo e dall’interesse riscontrato nella fiera New Space Economy Expo Forum svoltosi presso Fiera di Roma a dicembre. “Investire nello spazio è importante e strategico per il nostro pianeta ed è la strada che stiamo percorrendo con Studiomapp: moltissime delle sfide che ci troveremo ad affrontare in questi decenni troveranno risposta o supporto grazie alle innovazioni che porteranno le nuove tecnologie. Per questo siamo fortemente convinti che grazie all’applicazione dell’intelligenza artificiale applicata ai big data spaziali sia possibile portare un impatto positivo sul nostro pianeta e ottenere risultati visibili e concreti per la nostra società “, commenta Leonardo Alberto Dal Zovo.
Progetto Polimask del Politecnico di Milano
di Giuseppe Resnati
Il Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano, partner di ricerca del laboratorio IC2 Lab di Poliarte, è attivo in diversi ambiti di ricerca che riguardano materiali da fonti rinnovabili, che comprendono materiali compositi funzionali e controllo delle proprietà superficiali (bagnabilità, proprietà anti impronta, proprietà antigraffio, self-healing surfaces); energetic materials, composti da controllo esplosività attraverso la formazione di cocristalli e modellizazione delle proprietà (density, detonation properties, shock sensitivity, heat of detonation); smaltimento di armi chimiche, ossia uso di processi in fase fluorosa, uso di processi in liquidi ionici e uso di materiali micro e nano porosi per la segregazione e lo stoccaggio.
Inoltre, la rete UNESCO GREENOMIcS svolge diversi tipi di attività, tra cui l’addestramento delle generazioni più giovani, scambi di accademici, workshop e simposi, trasferimento di tecnologie, diffusione delle migliori pratiche, produzione di nuove scienze. Il Dipartimento collabora con diverse realtà, tra cui l’Università di Tecnologia di Tallin, Estonia, l’Università di Aalto, Finlandia, l’Università di Lüineburg, Germania e l’Università di Instabul, Turchia.
In questa situazione di emergenza sanitaria mondiale, dallo scorso 14 marzo il Politecnico di Milano sta realizzando un progetto, chiamato Polimask, con l’obiettivo di collaborare con alcune aziende locali per sopperire alla carenza di materiale sanitario nella lotta contro il Coronavirus. Lo scopo finale del progetto è di aiutare la regione a soddisfare il suo bisogno giornaliero di mascherine: 300.000 unità. Il Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” si occuperà del progetto insieme a quello di Scienze e Tecnologie Aerospaziali e quello di Energia. I ricercatori stanno testando 18 materiali differenti, che variano dal poliestere al cotone, inviati da 12 aziende locali, per capire quali fibre possano proteggere dal Covid-19. Questi tessuti, per l’esattezza, saranno sottoposti a due test: il primo valuta la permeabilità dei materiali attraverso delle prove chimico-fisiche; il secondo testerà i trial batteriologici. Se i materiali superano entrambi i test, verranno distribuiti alle aziende interessate che partiranno subito con la produzione di mascherine.
Per questioni di tempo, le mascherine non saranno certificate, ma l’importante è impiegare meno tempo possibile per avviare la loro produzione e aiutare la regione Lombardia.
Inoltre, il Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica sta producendo un liquido igienizzante alternativo, chiamato Polichina, che verrà distribuito alle aziende socio-sanitarie e alla Protezione Civile del territorio lombardo, con una produzione di circa 6000 litri al giorno.
Come gestire la paura: appello alla creatività
di Giordano Pierlorenzi
Giordano Pierlorenzi è Direttore dell’IPSE – Istituto di Psicologia e di Ergonomia Poliarte e Direttore Accademia delle Belle Arti e Design Poliarte di Ancona, psicologo, psicoterapeuta, ergonomo. Tra le sue specializzazioni: psicologia del lavoro, psicologia dell'orientamento e psicologia del colore.
Oggi viviamo con una costante: la paura. Cos’è la paura?
La paura è un’emozione vitale, potente ed utile come afferma il CNOP (Consiglio Nazionale Ordine Psicologi). L’emozione è una scossa breve e intensa che si differenzia dal sentimento, che è invece prolungato e costante. La paura è una compagna di vita, una sentinella che vigila sul rapporto tra individuo e ambiente, ma che in taluni casi di precarietà, può diventare agente paralizzante. La paura perciò va conosciuta, coltivata, gestita e governata attraverso un processo razionale. Si può valutare la paura? Certo, anzi si dovrebbe sempre averne consapevolezza; giudicare cioè il grado di pressione della minaccia reale o presunta (stimolo esterno o sintomo interno) a cui viene esposto il sistema psicologico. L’individuo di fronte ad un agente minacciante attiva un processo fisiopsicologico che si può distinguere in alcuni momenti: intercetta lo stimolo/sintomo, lo traduce in una sensazione, attiva un intervento percettivo idoneo a capire la natura, la potenza e gli effetti della minaccia, e quindi risponde con una reazione psicologica, di cambiamento dello stato di coscienza e di comportamento con conseguenze pure sull’umore ed il morale.
Ci spieghi meglio
Il processo percettivo della paura è l’intervento della ragione che muove dalle informazioni utili, oggettive e veritiere disponibili e/o recuperabili nel contesto. L’individuo reagisce, dunque, come può per fronteggiare la minaccia che lo spaventa. Se, tuttavia, l’esposizione alla minaccia è durevole, la paura cresce provocando reazioni irrazionali con un esito stressogeno. Lo stress, e in particolare il distress, quello negativo, è una risposta esagerata ad uno stimolo/sintomo e perciò fortemente penalizzante il sistema psicologico e conseguentemente il sistema immunitario. Allo scopo di aiutare a comprendere la scala in crescendo delle situazioni di paura, presento una tassonomia empirica articolata in tre momenti (sensazione, percezione e reazione comportamentale) ed in cinque step per comprendere l’ingravescenza e quindi il livello di pressione a cui si è sottoposti di volta in volta.
La linea marcata rappresenta il borderline delimitante l’aspetto fisiologico
Impariamo, dunque, a riconoscere le nostre paure dando loro di volta in volta valore sulla base delle informazioni utili a comportarci in modo corretto e adeguato. Nell’emergenza attuale vanno eseguite scrupolosamente le raccomandazioni del Governo, monitorando la paura individuale e mantenendola sul livello di borderline (allarme) per attrezzare la risposta più adeguata alla situazione in cui ciascuno si viene a trovare. Impariamo a coniugare la paura con la creatività e approfittiamo dell’obbligo di “restare a casa” per riorganizzare la nostra vita personale, sociale e lavorativa riscoprendo la solidarietà e approcciando il lavoro in modo più creativo, cercando, come afferma il filosofo polacco Adam Schaff, l’aspetto ludico sempre presente e spinta all’ottimismo. All’Accademia di Belle Arti e Design - Poliarte di Ancona le attività didattiche – esami, lezioni e attività a scelta - saranno tutte on line fino a nuova disposizione. Un augurio a tutti di buona vita e buon lavoro con un ringraziamento fortissimo agli operatori sanitari e delle forze dell’ordine in prima linea.
Ai tempi del coronavirus
di Aldo Giannuli
Aldo Giannuli è nato a Bari, il 18 giugno 1952. È ricercatore in Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Milano e, per diversi anni, è stato consulente delle Procure di Bari, Milano (strage di piazza Fontana), Pavia, Brescia (strage di piazza della Loggia), Roma e Palermo. Dal 1994 al 2001 ha collaborato con la Commissione Stragi ed “è salito alla ribalta delle cronache giornalistiche” quando, nel novembre 1996, ha contribuito alla scoperta di una gran quantità di documenti non catalogati dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, nascosti in quello che poi è stato definito come l’“archivio della via Appia”.
L’esperienza come perito gli ha permesso di sviluppare una significativa dimistichezza con fonti della Storia Contemporanea che spesso gli storici ancora oggi faticano ad utilizzare con familiarità, come fonti giudiziarie, fotografie, video e testimonianze orali. Frutto di quella stagione di studio e ricerca, sono stati diversi volumi, tra cui quelli per L’Unità sulla Strategia della tensione, “Bombe a inchiostro”, “L’Abuso pubblico della Storia” e infine, “Il Noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro” (2011).
Da alcuni anni, pur mantenendo passione ed interesse verso la Storia dell’Italia Repubblicana, ha esplorato nuovi ambiti di ricerca storica contemporanea, con particolare attenzione al ruolo dell’intelligence e dell’open source intelligence nella società dell’informazione e alle sfide che la Globalizzazione e la crisi dei processi di modernizzazione, tradizionalmente intesi, pongono al mondo contemporaneo. In questo solco si inseriscono i volumi “Come funzionano i servizi segreti” (2009), “2012 la grande crisi” (2010), “Come i servizi segreti usano i media” (2012), “Uscire dalla crisi è possibile” (2012), “Guerra all’Isis” (2016). Più recentemente ha pubblicato i volumi “La strategia della tensione” (2018) e “Storia della “Strage di Stato”” (2019).
La pandemia è in pieno corso (e forse è solo all’inizio della sua parabola) per cui sarebbe velleitario tentare da adesso un inventario dei problemi che la pandemia ci lascerà. Tuttavia, ci sono delle evidenze già da ora che ci segnalano alcune delle emergenze che seguiranno a questa. Infatti, è facile prevedere che il contagio biologico attiverà una serie di contagi a catena: prima quello psicologico (già attivato e che si svilupperà), poi quello finanziario (anche questo già partito), poi quello economico, quindi quello sociale (in parte iniziato), infine quello politico e –speriamo di no- quello militare. E sappiamo tutti che l’anno si concluderà, per la prima volta dal 1945, con una recessione che segnerà una caduta del Pil mondiale.
Ed è di altrettanto facile intuizione che i servizi di intelligence stiano già lavorando su tutto questo in funzione dei rispettivi interessi nazionali. Se questo non è già partito già da prima del conclamarsi della pandemia: si sa che nel 2015 un laboratorio inglese brevettò un nuovo virus assai simile a quello attuale; che dal tardo autunno dell’anno scorso ci sono state esercitazioni e simulazione di un possibile contagio pandemico di coronavirus simile alla Sars. Questo non vuol dire che l’epidemia sia stata scatenata volontariamente da qualcuno (c’è un limite anche alla pazzia criminale), ma che qualcosa c’era nell’aria (in fondo i primi casi in Cina risalirebbero a fine novembre) forse il sentore di una fuga accidentale da laboratorio. E sarebbe quantomeno ingenuo pensare che i servizi di intelligence mondiale non si siano via via allertati, ma, a maggior ragione, è impensabile che non lo stiano facendo ora a pandemia conclamata.
E sarà un nuovo contagio: il contagio di intelligence.
Coronavirus e città, tecnologia per programmare fase2
Il pre e post emergenza con intelligenza artificiale e satelliti
Studiare l'impatto del coronavirus sulle città e sulle attività economiche grazie all'intelligenza artificiale e alle immagini satellitari in modo da effettuare confronti sullo stato di determinati luoghi, e costruire scenari prima e dopo l'emergenza, come per esempio un focus sul flusso di persone e sulla produzione; questo potrebbe consentire di arrivare a costruire una valutazione strategica, che sarebbe "fondamentale" nel programmare la fase 2.
La tecnologia messa a punto da StudioMapp, una start-up innovativa specializzata in 'location intelligence' (fondata da Leonardo Alberto Dal Zovo ed Angela Corbari con basi a Ravenna e Roma), potrebbe così aiutare alla preparazione della fase 2 dell'emergenza coronavirus, il Piano delle riaperture cui sta lavorando il governo con la task force guidata da Vittorio Colao, e tanto attesa da aziende e cittadini.
Questa tecnica, solitamente impiegata in attività di geomarketing in particolare da grandi catene di supermercati o nell'ambito retail, viene impiegata da Studiomapp durante l'emergenza per monitorare anche un'intera città.
"Analizzare gli effetti e l'impatto del coronavirus sulle città e le attività economiche è un passaggio fondamentale per poter pianificare la ripartenza - osserva Corbari, direttore operativo della società - stiamo usando intelligenza artificiale per estrarre informazioni dalle immagini satellitari per produrre analisi degli scenari pre e post emergenza; ci focalizzeremo sempre di più nella geo intelligence per supportare le aziende nella digital transformation per il monitoraggio di asset ed aree di interesse strategico".
Il processo è possibile grazie all'intelligenza artificiale, che studia gli effetti della 'crisi' sanitaria con immagini satellitari che non presentano problemi legati alla privacy. Da satellite, con le immagini Airbus, è infatti possibile identificare e classificare oggetti (macchine, autobus, camion, e altro), perciò si può registrare la loro presenza e assenza e anche la numerosità, ma non è possibile distinguere la tipologia del mezzo o la targa, per cui non si può risalire al proprietario o utilizzatore; e lo stesso vale per le persone, che risultano visibili, ma non identificabili.
La start-up StudioMapp ha ottenuto riconoscimenti dal dipartimento di Difesa degli Stati Uniti e dalla Nato Communication and information agency per aver sviluppato algoritmi di intelligenza artificiale applicati alle immagini satellitari; è stata invitata ad eventi parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2019 per raccontare come il digitale e lo spazio possono aiutare a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda Onu 2030.
"Investire nello spazio è importante e strategico per il nostro Pianeta ed è la strada che stiamo percorrendo con Studiomapp - conclude Dal Zovo, CEO della società - moltissime delle sfide che ci troveremo ad affrontare in questi decenni troveranno risposta o supporto grazie alle innovazioni che porteranno le nuove tecnologie. Per questo siamo fortemente convinti che grazie all'applicazione dell'intelligenza artificiale applicata ai big data spaziali sia possibile portare un impatto positivo sul nostro Pianeta e ottenere risultati visibili e concreti per la nostra società".
Salute cittadini e rischio territorio, arriva app salva-vita
Al lavoro il neo laboratorio IC2 Lab Ancona
Un'app salva-vita per la sicurezza delle persone in campo sanitario che punta a offrire una stima del livello di rischio di una determinata area geografica, incrociando le segnalazioni volontarie dei cittadini con quelli delle fonti di informazione aperte. La sta mettendo a punto Luca Faramondi, PostDoc Fellow at Complex Systems & Security (COSERITY) Lab Unità di Ricerca di Automatica, Università Campus Bio-Medico di Roma, insieme con il Laboratorio IC2 Lab di Ancona, di cui è direttore Marco Santarelli, Responsabile Ricerca Innovativa e Sperimentale.
Si tratta di un sistema di valutazione della salute territoriale che prevede una 'collaborazione attiva e consapevole' da parte dell'utente, dal momento che i dati vengono segnalati e vengono inviati volontariamente.
"Le applicazioni mobili orientate alla sicurezza del cittadino e la grande diffusione di smartphone sul territorio - osserva Luca Faramondi, assegnista di ricerca presso il Campus Bio-Medico - rappresentano, soprattutto in questo periodo, una grande opportunità da sfruttare per incrementare il livello di sicurezza. Questi dispositivi costituiscono una infrastruttura distribuita in grado di fornire informazioni di qualsiasi genere, ovviamente rispettando la privacy, l'anonimato e, soprattutto, la volontà di condividerle dell'utente".
La privacy è tutelata a tre livelli, spiega IC2 Lab: non c'è acquisizione automatica di dati dell'utente, anche perché è l'utente a compilare un form con le informazioni che intende condividere, posizione geografica compresa; i dati vengono inviati all'interno della segnalazione dell'utente (data, ora, luogo, tipologia evento, descrizione, foto) in maniera completamente anonima; un algoritmo, a regime, (attualmente personale dedicato) verifica che i contenuti di ogni segnalazione rispettino pienamente le regole sulla privacy, come per esempio il controllo della presenza di dati sensibili nelle descrizioni dell'evento o la presenza di volti o altre indicazioni suscettibili nelle foto allegate dall'utente.
"I dati ottenuti, elaborati in modo adeguato, porteranno allo sviluppo di un nuovo modo di gestire la sicurezza in cui ogni utente potrà fare la sua parte - continua Faramondi - l'obiettivo è unire questi dati con quelli acquisibili da fonti aperte, come testate giornalistiche, avviando un processo di aggregazione intelligente che permetterà di stimare il livello di rischio di una determinata area del territorio. Le competenze del laboratorio di Sistemi complessi e sicurezza del Campus Bio-Medico di Roma, nel campo dell'Homeland security e nello studio di sistemi distribuiti, completeranno il processo di integrazione delle informazioni".
Inoltre, lo sviluppo di questo tipo di applicazioni mobili può aiutare a rafforzare uno degli ambiti che per esempio con l'emergenza coronavirus si sono mostrati più deboli: il dialogo tra cittadini ed istituzioni. Ed è per questo, conclude Faramondi, che deve anche essere intesa come "l'opportunità di realizzazione di un canale diretto per le comunicazioni tra ente territoriale e cittadino; un canale sicuro ed affidabile esente da fake news e di fondamentale importanza per fronteggiare situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo".