L’approccio “E.A.S. – Empowerment, Analysis & Study”

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Il concetto di sicurezza, come il resto degli ambiti principali della nostra vita, cambia con il tempo così come la nostra percezione di esso. La tecnologia, in particolare, ci ha permesso di migliorare le modalità di protezione e di includere in esse un nuovo personaggio fondamentale: i cittadini.

sicurezza urbana partecipata

In una società costantemente in evoluzione come la nostra, una delle più grandi sfide che le comunità si trovano ad affrontare è quella della ‘sicurezza urbana partecipata’. Procediamo con ordine, nel nostro Paese, dopo la riforma del titolo V della Costituzione varata nel 2001, la materia dell’ordine pubblico e sicurezza resta un settore riservato allo Stato. L’autorità di pubblica sicurezza, in armonia ed attuazione della Costituzione, esercita le proprie funzioni (in base a quanto stabilito dalla legge 1° aprile 1981, n. 121) “al servizio delle istituzioni democratiche e dei cittadini sollecitandone la collaborazione”. Sottolineo: “sollecitandone la collaborazione”.

In tal modo, si introduce il concetto di Sicurezza Partecipata che comprende tutte le manifestazioni che possono influenzare la tranquillità sociale e la percezione della sicurezza (Battistelli, 2013). Quest’ultima è un bene della collettività: ognuno con il proprio ruolo sociale può contribuire al suo mantenimento. Anzi, l’art. 118 comma 3 della Costituzione ne prevede la necessità (Cioli, 2013).

Il cittadino partecipa al mantenimento della sicurezza nella sua duplice funzione (preventiva e repressiva). Nell’ambito della prevenzione sociale, la sicurezza partecipata racchiude in sé il concetto di sicurezza urbana costituendone l’applicazione operativa.

Per ‘sicurezza’ deve intendersi quella del proprio territorio, abitazione ma anche ambiente, azienda, lavoratori. Spetta agli enti locali stimolare la dinamica partecipativa dei cittadini. L’individuo contribuisce alla sicurezza del proprio territorio segnalando, inviando dati che, una volta analizzati, consentono una gestione più efficiente dei servizi (rete viaria, illuminazione delle strade, distribuzione di telecamere negli spazi pubblici, struttura degli edifici, trasporti, ecc.). Succede nei modelli di Smart City come quello di Los Angeles che sfrutta l’analisi dei dati anche nei progetti di crime mapping (mappatura del crimine) (Cioli, 2013).

In sostanza, la Sicurezza partecipata evoca due principi (Cioli, 2013):

• sussidiarietà verticale e sicurezza urbana in base a cui la prestazione del servizio deve avvenire al livello più prossimo al cittadino;

• sussidiarietà orizzontale, solidarietà (art. 2 della Costituzione) e partecipazione (art. 3, comma 2 della Costituzione).

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All’interno di questa cornice s’innesta l’E.A.S. (Empowerment, Analysis & Study), un trittico d’azioni e interventi finalizzati a garantire un potenziamento della cittadinanza attraverso sia mirate attività d’analisi e di studio sia di formazione e potenziamento personale. Questo approccio, particolarmente utilizzato in grandi città e metropoli internazionali fra cui Londra, New York, Los Angeles (ecc.) dove la criminalità urbana tende a svilupparsi e a diversificarsi molto velocemente (e significativamente), permette la diffusione non solo di buone pratiche ma anche di competenze trasversali che permettono al cittadino di diventare sempre più capace di gestire, coordinandosi con le autorità competenti, gli spazi urbani facilitando la prevenzione e il contrasto di fenomeni d’illecito e degrado.

Infatti, come previsto dalle Nazioni Unite (2020), entro il 2030 più del 70% della popolazione mondiale vivrà in contesti urbani, riducendo le risorse a livello individuale e aumentando la domanda complessiva in materia di ‘social/economic needs’. Questo dislivello impatterà, secondo le UN, sull’andamento della micro-criminalità accentuandola. Da qui la necessità di formare l’intera cittadinanza in materia di analisi, valutazione e gestione del contesto urbano. L’E.A.S. risponde esattamente a questa necessità. Ne è un esempio la Regione Piemonte che si rende protagonista di un passaggio storico in materia di sicurezza urbana partecipata decidendo di adottare, per la prima volta in Italia, proprio questo approccio (Piemonte Informa, 2020). L’intento è quello di rivoluzionare le modalità di gestione degli spazi urbani attraverso interventi di natura sia tecnologica che formativa. Più precisamente il nuovo piano Regionale prevede:

• Potenziamento dei sistemi di sorveglianza video, rinnovando le apparecchiature esistenti ed inserendone di nuove (EMPOWERMENT);

• Analisi dei dati sui crimini per lo sviluppo di azioni mirate contro la delinquenza (ANALYSIS);

• Studio e promozione di una “architettura della sicurezza”, attraverso l’utilizzo dei Sistemi Informativi Territoriali (SIT) (ANALYSIS & STUDY);

• Formazione, sia per gli agenti della Polizia locale, tramite una vera e propria accademia della sicurezza, sia per i cittadini, che potranno dare il loro contributo dedicando una particolare attenzione al “controllo del vicinato” (STUDY).

Giacomo Salvanelli

Co-Founder, CEO Safetecom Srl SB (Mine Crime project)

Bibliografia

• Battistelli, F. (2013). Sicurezza urbana “partecipata”: privatizzata, statalizzata o pubblica? Quaderni di Sociologia, 63, pp. 105-126

• Cioli, F. (2013) Sicurezza privata e sicurezza partecipata. Le imprese private del settore sicurezza in Italia tra subalternità e sussidirietà, [Dissertation thesis], Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Dottorato di ricerca in Sociologia, 24 Ciclo;

• Piemonte Informa (2020). Via libera al piano per la sicurezza integrate. Recuperabile al sito: https://www.regione.piemonte.it/web/pinforma/notizie/via-libera-al-piano-per-sicurezzaintegrata

• United Nations (2020). Departmen of Economic and Social Affairs – Population Dynamics. Recuperabile al sito: https://population.un.org/wup/